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Macchina Fotografica: il Diaframma e l'Otturatore

diaframma macchina

Una delle cose più importanti da tenere in considerazione quando si scatta una fotografia è l’esposizione. Una foto troppo chiara oppure, al contrario, scura e buia (sempre che non sia stata realizzata così volutamente con estro creativo) è un'immagine penalizzata da un difetto di esposizione.

Si dice che una fotografia è correttamente esposta quando riproduce fedelmente la stessa quantità di luce che vede il nostro occhio.

Quando la fotografia è troppo chiara si dice che è sovraesposta, al contrario, quando è troppo scura, si dice che è sottoesposta. Ma cosa c’entra l’esposizione adesso?

Ci sono 3 fattori fondamentali che influenzano la corretta esposizione di una fotografia e sono:

  1. Sensibilità ISO
  2. Diaframma
  3. Otturatore

In questa nostra quinta lezione ci concentreremo solo su come funzionano il diaframma e l’otturatore.

diaframma otturatore

Prima di arrivare al sensore e memorizzare l’immagine, la luce passa attraverso le lenti dell’obiettivo, arriva al diaframma, continua la sua corsa e infine passa attraverso l’otturatore. Ora capite perché, diaframma e otturatore, essendo dispositivi che fanno passare più o meno luce, sono fondamentali per la corretta esposizione e la riuscita di una fotografia. Vediamoli quindi uno alla volta e capirete come sono strettamente legati tra di loro.

Il diaframma

Quante volte vi siete chiesti perché il diaframma è così fondamentale in fotografia? Quante volte invece lo avete confuso per un muscolo che separa la cavità toracica da quella addominale? Dato che non siamo su “imparando il corpo umano”, oggi parleremo dell’apertura del diaframma in fotografia, fondamentale per il passaggio della luce verso il sensore. Vediamo cos’è e come funziona.

Se vi state approcciando alla fotografia e non sapete da che parte prendere oppure se avete appena preso possesso di una fotocamera con settaggi manuali (l’avete comprata o vi è stata regalata) e comunque siete fermi al primo punto, questa guida sarà oro puro per voi che siete all’inizio. Certo, questo non significa che un professionista non abbia bisogno di un ripassino sulle basi. Pertanto, da dove si inizia in fotografia? Sicuramente dal triangolo dell’esposizione, che di fatto non tiene conto del modello di fotocamera ma del tipo di utilizzo che ne farà il fotografo. I tre elementi del triangolo dell’esposizione, come detto, sono tempo di esposizione (otturatore), sensibilità iso e diaframma.

Il diaframma, in fotografia, è un meccanismo, con una forma circolare, posto a metà tra la lente frontale e quella posteriore di un obiettivo fotografico. Tale apertura circolare, è delimitata da alcune lamelle metalliche, le così dette “lamelle del diaframma”, che troverete nelle specifiche tecniche di ogni obiettivo fotografico.

diaframma2

Il diametro di tale apertura può aumentare o diminuire al fine di fare entrare una maggiore o minore quantità di luce all’interno del sensore, questo fa si che si possa decidere, unitamente al tempo di esposizione e alla sensibilità ISO, l’esposizione globale dello scatto, lo sfocato (quindi la profondità di campo) e così via.

Prova ad immaginare il diaframma come se fosse il tuo occhio: prendi un oggetto, poi avvicinalo e allontanalo fissandolo. Ti sei accorto che più l’oggetto è vicino e più lo sfondo ti risulta naturalmente sfocato? Il diaframma si comporta allo stesso modo. Adesso però smettila di farlo, altrimenti, come dice nonna, ti si rovinano gli occhi.

Allo stesso modo, se ti serve un altro esempio molto realistico, prova a spegnere la luce nella stanza di sera: inizialmente non vedrai quasi nulla, poi, piano piano, inizierai a vedere qualcosa. Certo, non è che se terrai tanto gli occhi aperti magicamente diventerà giorno (metafora della lunga esposizione), però di fatto vedrai qualcosa di più e il tuo occhio si abituerà. Un concetto molto simile si applica alla fotografia, con diaframma, tempo d’esposizione e sensibilità ISO. Se ci pensi bene, non si tratta d’altro che tradurre ciò che siamo abituati a fare da sempre in un linguaggio comprensibile per il dispositivo elettronico che stiamo usando (la macchina fotografica).

I diaframmi naturali

Fin qui tutto piuttosto facile, vero? Ci sono le lamelle, il meccanismo, si apre e si chiude, sembra un gioco da ragazzi. Non so voi, ma la mia vita scolastica era fantastica fintanto che si parlava di scrivere temi e imparare le lingue, poi è arrivata la matematica, che prima mi ha confuso con i numeri, poi distrutto con l’introduzione di lettere e simboli strani. La verità è che non sono mai stato un genio in matematica e il fatto di vedere numeri e formule varie anche in fotografia, almeno inizialmente, mi ha spaventato molto. Se quindi la pensate come me, sappiate che se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque.

Definito cos’è un diaframma in fotografia, bisogna capire come si distinguono, cosa sono quelle lettere e quei numeri, che differenza c’è tra un valore e l’altro e così via.

Sappiate che ad ogni apertura di diaframma corrisponde la lettera “f” seguita da un numero variabile. Ad esempio, se dite ad un fotografo di scattare un ritratto a f/2.8, lui già immaginerà la foto finale con sfondo molto sfocato e anche qualche piccola probabile difficoltà di mettere a fuoco tutto il soggetto se questo è troppo vicino.

Questo perché un fotografo conosce i diaframmi e soprattutto, nel suo percorso, è partito dai diaframmi naturali.

La lettera “f” non indica in alcun modo il diametro del foto o altre amenità varie, bensì è una formula matematica, ovvero la parte in cui di solito mi perdo.

Per calcolare il tutto al meglio, è sufficiente fare f= F/D (f è uguale a F fratto D), dove f è il rapporto focale, F la focale dell’obiettivo e D il diametro del diaframma.

State tranquilli però, ora il peggio è quasi passato, non siete obbligati a ricordarvi questa formula, nemmeno io la ricordo mai. Ciò che vi basta fare è prendere confidenza con i valori del diaframma, che in principio, furono quelli “naturali“.

Quando le fotocamere digitali ancora non esistevano ed eravamo “fermi” agli antipodi della fotografia, i diaframmi erano relativamente pochi in termini di possibilità. Essi erano fisicamente posizionati sulle ottiche (come ancora oggi succede con gli obiettivi Fujifilm per fotocamere digitali) e si dividevano, solitamente, in f/2, f/2.8, f/4, f/5.6, f/8, f/11, f/16 ed f/22. Certo, questi non erano gli unici ad esistere, in quanto la scala metrica “regolare” venne stabilita nel lontano congresso di Liegi nel 1905, dove fu deciso che i diaframmi e gli intervalli erano i seguenti: f/1, f/1.4, f/2, f/2.8, f/4, f/5.6, f/8, f/11, f/16, f/22, f/32, f/45, f/64, f/90, f/128 e così via.

apertura diaframma

Nel corso del tempo le cose sono cambiate notevolmente in quanto, con l’avvento della fotografia digitale, si dovettero fare non solo dei tagli ma anche delle “modifiche” diminuendo quindi il numero di aperture da una parte e aumentandolo dall’altra.

Considerate il fatto che già chiudere a f/25 potrebbe essere eccessivo e portarvi a vari problemi, come ad esempio la diffrazione (su cui torneremo), pertanto, già un valore di f/22 soddisfa la maggior parte di esigenze possibili che potreste avere oggi.

I valori detti “naturali” sono quindi stati mutati, pertanto, oggi non troverete soltanto quelli ma anche intermedi come f/1.2, f/1.8, f/3.2, f/7.1, f/13 e così via, ma ora è giusto aprire un altro discorso.

Gli stop

Dopo aver definito i valori numerici che troverete comunemente in fotografia, è giunta l’ora di un pit-stop. Quindi mi fermo.

Scherzi a parte, per definire l’intervallo tra un valore e l’altro, viene comunemente usato il termine “stop“, ecco perché potrà capitare di sentirvi dire di variare l’apertura di un singolo stop oppure di più stop.

Cosa significa?

Ricordate il congresso di Liegi del 1905?

Ecco, durante quel congresso vennero non solo stabiliti i diaframmi “naturali” bensì vennero anche standardizzati gli stop effettivi, tutto ciò che era al di fuori di quei valori diventava una frazione, e quindi si doveva parlare di un terzo di stop e così via. Tranquilli, ora mi spiego meglio.

In soldoni, ogni posizione della ghiera del diaframma (quindi ogni variazione) viene definita come “stop” e pertanto, per compiere uno stop effettivo dobbiamo affidarci alla matematica e alle frazioni.

Se calcolate che f/22 può definirsi 1/22 effettivo e f/1.4 è pari a 1/4, potete facilmente capire che 1/4 è superiore a 1/22 e, di conseguenza, f/1.4 è superiore, come valore, a f/22. Ecco perché f/1.4 è un valore “più aperto”, quindi maggiore, di f/22. Allo stesso modo, se avete un valore di f/5.6, chiudere di uno stop significa spostarsi a f/8, mentre chiudere di un terzo di stop significa spostarsi a f/7.1.

Allo stesso modo dell’introduzione delle lettere nella matematica, le cose si sono fatte un tantino più difficili con l’introduzione della metà di stop e elle aperture / chiusure di un terzo di stop. Di base però, rimane valida la regola come spiegata nel seguente schema semplificato realizzato per una vostra migliore comprensione di tutta questa pappardella un po’ tecnica che avete letto finora:

schema stop diaframma

Come si evince dallo schema qui sopra, vi è chiaro che se siete a f/2.8 e dovete chiudere di uno stop andrete a f/4, mentre se siete a f/11 e dovete aprire di uno stop andrete a f/8. Passare da f/8 aprendo di un terzo di stop significa andare a f/7.1 e così via. Tenete conto che non tutte le fotocamere digitali offrono una gamma estremamente completa di diaframmi e focali, pertanto una comprensione dei diaframmi rappresentati qui sopra vi sarà sufficiente per capire se la vostra foto finale sarà con sfondo sfocato o con maggiore profondità di campo, se entrerà più o meno luce nella scena e così via. Uno sfondo sfocato porta, in caso di presenza di fonti luminosi nella parte posteriore, al famoso “effetto bokeh”, tanto agognato di recente su Instagram perchè “fa figo", ma in realtà è una cosa che esiste da anni (ne parleremo promesso).

diaframma fotocamera

Ogni obiettivo fotografico ha diverse aperture di diaframma e, di conseguenza, il contatto elettronico presente su di esso passerà differenti informazioni al corpo macchina, che li leggerà e vi permetterà di variarli con una ghiera dedicata sul corpo stesso oppure sull’obiettivo (come succede su Fujifilm, ad esempio).

Come decidere la luce in ingresso

Dopo avervi spiegato nel dettaglio cos’è e come funziona un diaframma, che, riassumendo, si tratta di un foto nell’obiettivo che consente il passaggio alla luce che proietta l’immagine sul sensore, è giusto capire come dosare la luce in ingresso ed evitare foto sovraesposte (bianche/bruciate) e foto sottoesposte (troppo scure).

diaframma cose come funziona 002 2

Di fatto la regolazione del diaframma non è nulla di complicato: se volete imparare nel modo migliore, selezionate la lettera “M” nella vostra ghiera dei programmi, quella che sta per “Modalità Manuale”, e iniziate a giocare con la ghiera che gestisce i diaframmi.

A seconda della fotocamera che avete, questa operazione potrebbe essere variabile: di solito le entry level richiedono la pressione di un tasto e il movimento di una ghiera per variare il diaframma, altre fotocamere, a partire dalle mid-range (o semi-professionali) hanno una ghiera dedicata, di solito posta nella parte frontale della fotocamera e utilizzabile facilmente con l’indice della vostra mano destra.

Pertanto, per decidere quale diaframma impostare basta ruotare una ghiera, ma questo non è sufficiente per decidere l’ingresso della luce attraverso l’obiettivo.

È necessario conoscere al meglio il triangolo dell’esposizione e trovare quindi la perfetta “armonia” tra tempo di esposizione, sensibilità ISO e apertura del diaframma.

Se volete “pensarla” in modo facile, ricordatevi che un diaframma molto aperto può aiutarvi ad usare un tempo d’esposizione più veloce e ISO più bassi, oltre a fornirvi uno sfondo più sfocato, mentre un diaframma chiuso necessiterà di tempi più lenti e ISO più alti (questa regola è una massima).

Capire le differenze

Una cosa che ho sempre bene a mente è che per comprendere al meglio qualcosa di molto tecnico servono degli esempi, bisogna dare ad un visivo delle immagini. Il vostro occhio si abituerà a comprendere al meglio ogni differenza, nel frattempo però, provate a capire come funziona realmente l’apertura concentrandovi principalmente sullo sfondo degli esempi fotografici posti qui sotto. Abbiamo messo un soggetto in primo piano affinché fosse più facile sfocare lo sfondo e quindi farvi comprendere le reali differenze.

differenze diaframma 2

Ecco le differenze tra le varie aperture principali; come potete notare, a ƒ/2.8 il soggetto principale si stacca completamente dallo sfondo, mentre a ƒ/8 troviamo decisamente più dettagli in ciò che circonda il soggetto 

Te l’abbiamo già spiegato ma un ripasso non fa male: supponendo che tu sia a f/5.6, se ti dovessero chiedere di aprire di uno stop ti posizionerai su f/4; diversamente, nel caso in cui ti chiedano di chiudere di uno stop, ti sposterai su f/8. In questo caso, passare a f/6.3 si tratterebbe di un terzo di stop, dato che l’apertura del diaframma non influenza soltanto la quantità di luce bensì anche la profondità di campo.

L'Otturatore

L’otturatore è un dispositivo elettronico o meccanico che ha il compito di controllare per quanto tempo il sensore resterà esposto alla luce. Prima abbiamo detto che il diaframma può essere paragonato alla nostra iride dell’occhio, in questo caso l’otturatore è la palpebra!

otturatore eos 1d x

Gli otturatori più comuni attualmente sono formati da una tendina con scorrimento verticale che ha il compito di determinare il tempo di scatto. Questo tempo di scatto viene preventivamente fissato dal fotografo e viene misurato in secondi o in frazione di secondi.

La scala che solitamente viene usata e che troverete sulla vostra macchina è questa:

30” – 15” – 8” – 4” – 2” – 1”  – 1/2 – 1/4 – 1/8 – 1/15 – 1/30 – 1/60 – 1/125 – 1/250 – 1/500 – 1/1000  – 1/2000 – 1/4000

…ma sappiate può variare a seconda del modello della macchina fotografica.

Quando il tempo è inferiore a 1/125 di secondo si parla di tempo lento mentre se andiamo oltre (1/500, 1/1000 sec) parliamo di tempi veloci. Questo perché 1/125 secondo è stato considerato il tempo limite per scattare a mano libera, sotto a questo tempo bisogna avere una mano molto ferma o un cavalletto a disposizione.

Rapporto di reciprocità

Il rapporto che c’è tra il diaframma e l’otturatore è detto “rapporto di reciprocità”. L’apertura del diaframma è inversamente proporzionale al tempo di scatto (otturatore).

Se dimezzo il tempo di scatto devo raddoppiare l’apertura del diaframma, viceversa se invece raddoppio il tempo devo dimezzare l’apertura!

Facciamo un esempio: la nostra fotografia è correttamente esposta (quantità di luce giusta) ed è stata effettuata con un diaframma a F2 per 1/125 di secondo. Se volessimo ottenere la stessa esposizione di luce cambiando, per esempio, il diaframma a F4 (entra meno luce), dovremmo raddoppiare il tempo di esposizione che passerà da 1/125 secondo a 1/60 (più lento). (guardate l’immagine sotto per capire meglio)

corretta esposizione

Un esempio che faccio spesso e che probabilmente avrete già sentito è quello della vasca. Paragoniamo la nostra vasca PIENA alla nostra fotografia correttamente esposta.

Abbiamo 2 diverse strade per riempire la vasca:

  • Apriamo al massimo il rubinetto (diaframma) per un tempo (otturatore) brevissimo. In poco tempo la vasca è piena
  • Apriamo pochissimo il rubinetto per un tempo molto ma molto lungo. La vasca per riempirsi ci mette molto.

È vero, alla fine avremmo la vasca piena in entrambi i casi ma sappiate che sono 2 strade completamente differenti. Nelle prossime lezioni vi accorgerete che i tempi veloci congelano l’azione (foto sportive per esempio) mentre i tempi lunghi servono più che altro quando abbiamo pochissima luce. Vi accorgerete inoltre che un diaframma aperto crea l’effetto sfuocato in sottofondo mentre con un diaframma chiuso tutta l’immagine sarà a fuoco.

Ma non vi voglio anticipare nulla, lo approfondiremo più avanti. Sappiate solamente che il funzionamento di diaframma e otturatore sono alla base della fotografia, il loro meccanismo va capito benissimo e vedrete che vi tornerà utile in tutti i vostri futuri scatti.

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