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7 minuti di lettura (1300 parole)

Come si misura la risoluzione e cosa sono DPI e PPI

graphic designer

Di sicuro ti capita spessissimo di parlare di risoluzione delle immagini, di bassa o alta risoluzione, e magari anche di quantificare con dei numeri, associati alle sigle DPI o PPI.

Ma forse ti è capitato molto di rado, o forse mai, di chiederti quale di queste unità di misura sia corretta o cosa vogliano dire.

In realtà è davvero molto comune che DPI e PPI vengano utilizzati in maniera equivalente quando si vuole descrivere e misurare la qualità, quindi la risoluzione di un’immagine.

Si tratta però di unità di misura che si riferiscono ad ambiti molto diversi;‌ per questo confonderle o non conoscerne il significato potrebbe causarti un po’ di grattacapi.

Nessun problema! Andiamo subito a vedere insieme cosa significano le sigle DPI e PPI, quando e come si usano e come dovresti servirti di queste unità di misura nei tuoi progetti di graphic design.

Cosa significa DPI e PPI

In entrambi i casi si tratta di acronimi e tutt’e due indicano un modo per misurare la risoluzione, quindi la qualità di un’immagine, in particolare di un’immagine in formato raster.

Fanno infatti riferimento a quante informazioni l’immagine contenga all’interno di una superficie definita. Ovviamente maggiore è il numero di queste informazioni più alta sarà la qualità.

Ma in cosa si distinguono? Ecco la risposta

Cosa vuol dire DPI

Come abbiamo anticipato si tratta di un acronimo (quindi di una sigla formata dalle iniziali di una serie di parole) che sta per dots per inch, che tradotto dall’inglese diventa “punti per pollice”.

Per farti capire esattamente di che dimensioni stiamo parlando ti ricordo che un pollice corrisponde a 2,54 cm.

Ma di quali “punti” stiamo parlando? Quando usiamo come misura i DPI ci riferiamo sempre alla stampa su carta, quindi i punti sono quelli di inchiostro che la stampante utilizza per riprodurre l’immagine desiderata.

DPI vs PPI 2

Quando utilizziamo una misura in DPI il metodo di colore associato è sempre il CMYK.

Più alta sarà la densità di punti per pollice più, di conseguenza, sarà alta la qualità di stampa.

In realtà occorre fare una precisazione:‌ in stampa i DPI‌ sono una misura che potremmo definire più relativa che assoluta.

Ma confrontando le prestazioni di macchine diverse potremmo avere la stessa qualità a fronte di valori di DPI differenti.

In questo senso: non esiste uno standard che definisca quanto debba misurare un punto di inchiostro. Per questo motivo di sicuro la qualità di stampa cresce proporzionalmente al valore dei DPI se facciamo riferimento sempre alla stessa macchina.

Lo standard base per la stampa di immagini è comunemente considerato il valore di 300 DPI.

Cosa vuol dire PPI

Proprio come per i DPI anche in questo caso si tratta di un acronimo che sta per pixels per inchquindi stavolta parliamo di “pixel per pollice”.

La misura dei PPI quindi si riferisce alle immagini così come le vediamo e le editiamo attraverso uno schermo. Come sai di certo il pixel è proprio l’unità minima in ambito digitale e corrisponde al singolo punto di luce che proviene da uno schermo.

Punti che a loro volta sono formati da unità più piccole di colore rosso, verde e blu. Quando parliamo di PPI infatti parliamo di immagini che vediamo attraverso un monitor, quindi il metodo colore è l’RGB.

DPI vs PPI 4

Questo metodo di misura della risoluzione si usa sia per le immagini che per i device, quindi per sapere con quale livello di dettaglio uno schermo è in grado di lavorare.

Dal momento che la risoluzione delle immagini è legata a quella degli schermi attraverso cui verranno viste, questo dato ti può essere utile quando lavori a progetti destinati al mondo digitale.

Per quanto possa essere alta la risoluzione dell’immagine su cui stai lavorando, infatti, il risultato non potrà mai superare in definizione le performance dello schermo.

Da un lato quindi è inutile utilizzare valori di risoluzione troppo alti rispetto a quelli degli schermi. Dall’altro occorre un continuo aggiornamento sulle prestazioni dei monitor dei vari device, a cui dovrai adeguare la definizione delle immagini che produci.

Quando e come usare DPI o PPI

Cominciamo col dire che purtroppo, molto spesso, avrai sentito utilizzare questi due parametri in maniera indifferente, o peggio ancora uno al posto dell’altro.

Succede soprattutto perché molto lessico dell’ambito grafico viene proprio dal mondo della stampa e spesso non si è adeguato ai contesti digitali. Può capitare quindi che siano gli stessi stampatori a richiedere un particolare valore di DPI per l’export dei lavori che devono andare in stampa.

Un altro motivo per cui questa confusione può avvenire è perché in effetti il valore di PPI, quindi la qualità dell’immagine digitale, influenza la qualità di stampa.

Detto ciò tieni però sempre ben presente che puoi intervenire in fase di progettazione soltanto sui PPI. Vediamo come.

DPI vs PPI 5

Come usare i PPI

Come ti ho anticipato questo è il parametro di risoluzione dell’immagine su cui puoi intervenire. È anche la misura che ti consente di capire se un’immagine che ti viene fornita, oppure che puoi reperire sui siti di stock, è adeguata alle necessità del tuo progetto.

Tutti i principali software di editing delle immagini raster, come Adobe Photoshop, ti permettono di intervenire su questo parametro.

Proprio per quanto riguarda Photoshop puoi impostare i PPI‌ di un file da Immagine > Dimensione Immagine.

In questa scheda il valore su cui intervenire è appunto quello della Risoluzione.

Se infatti andiamo ad aumentare il valore assoluto dei pixel da cui è costituita l’immagine, in altezza e in larghezza, la stiamo semplicemente rendendo più grande (resize) ma non più “densa”, quindi più definita.

Se invece andiamo a modificare il valore dei PPI l’immagine non cambia dimensione assoluta, ma diventano più o meno numerosi i pixel di cui è composta.

Aumentare o diminuire?

La scelta su come intervenire su questo parametro dipende molto dalle modalità in cui l’immagine verrà impiegata. In generale può essere utile

  • aumentare i PPI: tutte le volte in cui l’immagine viene pubblicata su un mezzo che richiede un’altissima definizione. Il caso più comune è la stampa, ma potrebbe anche trattarsi di video per la televisione o per grandi schermi.
    Attenzione:‌ i pixel che aggiungiamo sono frutto di un’interpolazione, quindi inseriti dal software in base ai pixel esistenti. Questa azione può quindi anche introdurre un rumore indesiderato e il risultato deve sempre essere verificato con cura.
  • diminuire i PPI: quando l’altissima definizione di un’immagine è inutile, o persino dannosa. Un esempio classico è la pubblicazione sul web. In questo caso, infatti, le immagini dovrebbero avere PPI non superiori a quegli degli schermi attraverso cui verranno fruite.
    Anzi, una risoluzione, e quindi un peso minori sono un vantaggio per la velocità del sito su cui sono caricate. Un altro caso significativo è quello dei social network, o in generale di piattaforme che caricano le immagini a una qualità pre-definita. In tutte queste situazioni pubblicare un’immagine a qualità troppo alta può comportare un intervento di resample fatto dalla piattaforma stessa, che spesso rende le immagini sgranate e difficili da leggere.

DPI vs PPI 6

Come usare i DPI

Come avrai capito se ti stai occupando di un progetto grafico che andrà in stampa in realtà non dovrai essere tu a utilizzare questo parametro.

Dal momento che si tratta della risoluzione di stampa quello che puoi fare, però, è chiedere a chi si occuperà di questo passaggio quali sono i dati tecnici dei macchinari utilizzati.

Se vuoi avere una ancora maggior sicurezza sul risultato ti consiglio di chiedere una prova di stampa. Come abbiamo anticipato, infatti, non è affatto detto che il risultato di due macchinari diversi, pur impostati al medesimo valore di DPI, siano identici.

È comunque molto importante che tu ti confronti con il servizio di stampa che hai scelto riguardo alla modalità e qualità di esportazione, quindi al valore di PPI richiesto per assicurarti i risultati desiderati alle dimensioni concordate.

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