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Headline, tagline, payoff, claim. Cosa sono e quali sono le loro funzioni

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Parlando con i clienti, spesso mi rendo conto che non sono sempre chiare le differenze tra payoff, headline, tagline e claim. In questo articolo vorrei esporre le loro funzioni e le loro particolarità per capire quando si ha bisogno dell’uno e quando si ha bisogno dell’altro.

Una premessa importante. Nel corso degli anni l’universo della comunicazione d’impresa ha visto nascere e sedimentare diverse forme di testi brevi, che via via si sono consolidate e hanno assunto forme ben definite per svolgere compiti precisi. A volte però si creano misunderstanding anche tra professionisti, perché non sempre si riscontra una totale coerenza nel modo di denominare queste tipologie di testo, tra nazione e nazione.

In altri casi l’avvento della rivoluzione digitale ha contribuito a generare ulteriore confusione per esempio nel modo in cui si intende la parola headline. Infine va detto che il linguaggio comune si confonde talvolta con quello professionistico e le incomprensioni aumentano ancora. Come detto, in questo articolo proverò a fare un po’ di chiarezza e offrire al lettore definizioni quanto più oggettive, chiare e pragmatiche è possibile.

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Cos’è un headline?

L’headline vive, nel contesto della comunicazione contemporanea, non poche crisi di identità. Oggi non si può non riconoscere che esistano nel mondo della comunicazione professionale più tipologie di headline, qualitativamente differenti tra loro. Osserviamo le due forme principali da vicino.

1. Headline Pubblicitario

È forse l’headline per eccellenza: il più antico, con l’identità più certa. È il titolo di una campagna pubblicitaria pianificata su mezzo stampa o affissione. A differenza di un titolo giornalistico o di quello di un libro, si scrive per tradizione con il punto. Il motivo che sta dietro a questa scelta stilistica ci fornisce un prezioso indizio per carpire la specificità di questo tipo di testo breve. L’headline pubblicitario – a differenza di quello che spesso si ritiene in contesti non professionali – non è un titolo a sé stante, che «suona bene» o è particolarmente «orecchiabile». A dire il vero non è nemmeno un vero e proprio titolo. Si tratta invece di una frase, che spesso risulta incompleta, quando non del tutto incomprensibile, se non letta insieme a un’altra frase, che è del tutto visiva: vale a dire l’immagine della pagina o del poster. È proprio per questo che, come dicevamo, l’headline pubblicitario vuole per tradizione il punto. Non è il titolo di un disco o di un romanzo, ma una frase che si completa in abbinamento a un’immagine.

Se io dico Ci sono idee che ci piacerebbe ci venissero copiate.”, non ho scritto niente di comprensibile, né di orecchiabile o musicale. Ma ho scritto l’headline di un’ottima pagina Apple, che si può comprendere solo osservando anche l’immagine: una distesa di pannelli fotovoltaici. Solo abbinando headline e immagine, il lettore capisce l’ironia: i competitor di Apple forse non vantano lo stesso impegno del brand di Cupertino nell’impiego di energie rinnovabili.

Una precisazione, a scanso di equivoci: l’headline funziona sul breve termine e cambia di pagina in pagina, di poster in poster. La sua caratteristica principale è la temporaneità, spesso infatti è legato a una campagna pubblicitaria. Non è la frase che si lega al marchio, ma semplicemente il titolo di questo o quest’altro messaggio. Così, un brand come Nike, per esempio, può avere “Just do it.” come copy istituzionale (presto impareremo a chiamarlo tagline) mentre creare di annuncio in annuncio headline diversissimi tra loro come: “Michael Jordan 1 – Isaac Newton 0” o “It’s only a crazy dream until you do it.”

L’headline può essere:

  • specifico per il target: individua e si focalizza sul target che utilizza il prodotto.
  • Specifico sul beneficio: individua cosa ottengono le persone usando quel prodotto e lo dichiara.
  • Specifico sullo stato d’animo: si basa sui sentimenti e sulle emozioni desiderate raggiungibili con l’utilizzo del prodotto.
  • Specifico del prodotto o di una categoria di prodotto: individua un prodotto (o una categoria di prodotto) e lo mette in evidenza.
  • Un caso d’uso: mostra ai clienti come possono utilizzare il prodotto.

Gli headline sono brevi: in poche parole sono capaci di rafforzare la presenza del brand nella mente del pubblico.  Usano l’emozione per catturare i vantaggi di ciò che un prodotto o un servizio possono offrire, creatività e scrittura persuasiva per entrare in contatto con i clienti. Hanno la capacità di far sentire in un certo mood che diventa uno stato desiderabile per chi legge. 

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2. Headline per Contenuti Digitali

In realtà questa categoria aprirebbe un ampio pannello di sottocategorie. Ma ai fini di questa breve esposizione tra i termini, è sufficiente sapere che tutte le molteplici forme di headline per contenuti digitali si differenziano qualitativamente dall’headline pubblicitario per una ragione evidente: non vanno letti riferendosi in modo dialettico a un’immagine. Certo, nell’header di un articolo per LinkedIN, per esempio, un’immagine può esserci. Ma non troveremo lo stesso legame headline-immagine che si riscontra invece nelle campagne pubblicitarie. Il rapporto è più simile a quello che da sempre si trova nell’informazione giornalistica nei titoli di un articolo.

Il titolo basta a sé stesso e, quando scritto al meglio, invoglia alla lettura dell’articolo, della newsletter o del contenuto di un post distribuito su Facebook. L’immagine serve in questo caso soprattutto per attrarre l’occhio e talvolta a supportare quanto headline e corpo del testo indicano. Questo tipo di headline, tra cui possiamo ricomprendere anche tutti i titoli di questo stesso articolo, non vuole il punto finale.

Subheadline (o subhead). Un ponte per la bodycopy

Il sottotitolo può essere o meno presente in una pagina stampa, o in un’affissione. Quando c’è ha una funzione di raccordo tra la promessa evidenziata nella parte creativa del messaggio e la parte più razionale ed esplicativa. Possiamo considerarlo il titolo introduttivo della bodycopy.

Tagline e Payoff. Un universo liofilizzato in tre parole

Think Different

La parola payoff è molto diffusa in Italia, ma meno utilizzata nei paesi anglosassoni, dove si tende a preferire il vocabolo tagline. Di cosa si tratta? Di un testo molto differente dall’headline, che svolge un compito istituzionale e di respiro più ampio: è la frase che posiziona la marca sul mercato e che, in abbinamento al marchio, diventa un prezioso fondamento per caratterizzare l’identità aziendale. Ha il compito di comunicarne la personalità, lo stile, il tono di voce, i valori. Tutto questo, in pochissime parole. Alcune tagline durano per intere decadi e contribuiscono notevolmente alla memorabilità di un brand.

Il Payoff o Tagline ha lo scopo di trasmettere la promessa del brand: per questo va sempre insieme al nome o al logo. Dà profondità, dettaglio e tridimensionalità all’identità (nome+logo+payoff). 

Un payoff è:

  • Caratterizzante: evidenzia la promessa del marchio.
  • Identitario: posiziona il brand su un aspetto importante che riguarda l’identità.
  • Imperativo: include spesso un verbo oppure richiede un’azione da parte di chi legge.
  • Provocatorio: pone una domanda importante, fa riflettere, chiede di schierarsi in qualche modo. 

Mentre l’headline è una soluzione a breve termine introdotta con un focus specifico sul prodotto, i payoff durano di più, se va bene, seguono tutta la vita di un brand. Con un payoff puoi rafforzare i valori fondamentali del brand e sostanziare la tua identità.

Qualche esempio:

Nike. Just do it.

Apple. Think different.

Volkswagen. Das auto.

McDonald’s. I’m loving it.

Se l’headline si relaziona al visual della singola campagna, il payoff (o tagline) è in stretta relazione con il naming dell’azienda e può essere applicato a tutti gli annunci e le azioni di comunicazione del brand, anche per moltissimi anni. È una componente invariabile, che funziona sul lungo periodo

Riassumendo quali sono le differenze tra un headline e un payoff?

Cosa sono

Il payoff è uno strumento di branding, crea relazioni e sviluppa l’identità.

L’headline è uno strumento di marketing, è usato in pubblicità per attirare l’attenzione.

Durata 

I payoff vengono scelti per diventare il volto del brand il più a lungo possibile. Si può sentire la necessità di cambiarlo nel tempo ma è un processo delicato, spesso inserito in un processo di rebranding.

L’headline dura il tempo di una campagna pubblicitaria (o nel caso del sito, dei testi del sito).

Funzione

Il payoff serve per vendere un brand.

L’headline per vendere un prodotto.

Lunghezza

Il payoff è molto breve. L’headline è di poco più lungo.

Visto che spesso i payoff vanno insieme a nome e logo hanno necessità di essere veramente brevi e veloci. Gli headline possono essere più lunghi: come abbiamo visto ci penserà il visual ad accompagnarli con un respiro più ampio.

Entrambi sono molto sonori, si appoggiano su una scelta di parole strategiche che risultano piacevoli e musicali. 

Momento

Il payoff di solito viene definito alla nascita di un business per completare la parte di branding. L’headline si crea quando c’è una campagna di marketing o dei testi che vogliamo aprire con stile.

Chi li fa

Il payoff è studiato da chi si occupa di identità aziendale e verbale.

L’headline da un copywriter pubblicitario.

Claim. Un payoff di campagna

È forse il testo breve più sfuggente e indefinibile tra tutti. Alcuni professionisti lo considerano un sinonimo di headline, per altri invece è un testo molto vicino al payoff (o tagline). Forse la definizione più semplice e chiara a cui fare riferimento è questa: il claim è il payoff di una campagna multisoggetto. Che cosa significa, nel concreto?

In alcuni casi un brand può decidere di creare una campagna pubblicitaria composta da più di un soggetto. Ogni singolo soggetto potrebbe avere un headline ad hoc, mentre sotto al logo troveremmo il solito payoff di marca che posiziona il brand. Ma per legare tra loro i singoli soggetti, cucendoli insieme con un filo rosso, può essere utilizzato un testo breve: è per l’appunto il claim, che esplicita il concept della campagna e, come un ombrello, tiene sotto di sé le differenti creatività emanate a partire dalla stessa idea creativa.

In una divertente campagna per la Cafi Aspirina, ad esempio, possiamo leggere tre differenti headline. Il breve testo che appare accanto al marchio recita: If it gets stronger, we get stronger. Non si tratta certo della tagline istituzionale Bayer, ma di un claim che esplicita il concept che la campagna per Cafi Aspirina intende comunicare, e che sta alla base dell’idea creativa. A proposito, la tagline di Bayer è: Science for a better life. Ma per scelta aziendale appare raramente nei materiali di comunicazione.

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Lo Slogan. Esiste o non esiste?

Chiudiamo il nostro viaggio esplorativo nel glossario dei testi brevi per la comunicazione con uno dei termini più diffusi, perlomeno in paesi come l’Italia. Slogan deriverebbe dal gaelico “grido di guerra”. Nel linguaggio comune si usa per indicare un motto memorabile, orecchiabile, musicale, che può provenire dal mondo dell’advertising così come da quello politico. Spesso i non addetti ai lavori impiegano la parla slogan in riferimento ai payoff, ma talvolta anche ai claim o persino agli headline. Per questa anti-specificità, nei contesti professionali la parola slogan non è particolarmente apprezzata. Raramente, all’interno di un’agenzia di pubblicità multinazionale, sentirete un direttore creativo dire: Qui occorre migliorare lo slogan.

Curiosamente, possiamo osservare in conclusione, il termine più noto dell’advertising, per lo meno in Italia, è quello meno specifico e impiegato dai professionisti, che preferiscono certamente impiegare i vocaboli descritti in questo articolo per evitare il più possibile fraintendimenti.

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